Mito della nobile menzogna

Il mito della nobile menzogna è presente nel III libro della Repubblica di Platone[1] e rientra nel progetto paideutico dell'autore riguardante la kallipoli, la "la città bella" immaginata da Socrate nel dialogo.

La menzogna artefice dello Stato ideale

Il mito della nobile menzogna (in greco γενναῖον ψεῦδος) si differenzia dagli altri perché il narratore (Socrate) pone come esplicita premessa che esso è falso, tant'è vero che, al termine dell'esposizione della menzogna, il suo interlocutore, Glaucone non può che dichiarare:

«Non a torto, esclamò, prima ti vergognavi a proferire questa menzogna!»

(Platone, La Repubblica, III 414D[2])

Ma se Socrate - che il suo allievo Platone ci ha sempre descritto come un campione della verità - mente dichiaratamente, c'è un motivo: nell'ottica dello Stato ideale, bisogna abituare i cittadini dello stesso a coltivare il legame di fratellanza e renderli più sensibili alla stretta connessione che sussiste tra loro e la patria. Non solo, è necessario che gli abitanti accettino la gerarchia dello Stato considerandola legittima non in quanto frutto acritico della tradizione, bensì in quanto direttamente legata alla natura.

È dunque questo il motivo per cui Socrate elabora una vera e propria bugia: rafforzare la coesione statale:

«Ma anche questo, dissi, potrebbe essere un buon sistema per indurli a curarsi maggiormente della città e dei rapporti reciproci»

(Platone, La Repubblica III 415D[3])

La terra patria degli uomini

Il mito-menzogna narrato da Socrate prende le mosse dall'origine degli uomini. Essi hanno solo sognato – argomenta Socrate – di essere allevati ed educati da noi. In verità essi si trovavano nelle viscere della terra, la loro madre, dove furono creati insieme alle loro armi e al loro equipaggiamento. Quando poi furono pronti – continua il filosofo – la terra li portò alla luce e da quel momento il compito degli uomini è difendere la terra, loro vera patria, e di preoccuparsi dei concittadini, che sono come fratelli.[4]

Tuttavia, la gerarchia dello Stato non è immutabile, visto che

«[...] il dio, quando vi ha plasmato, nella generazione di quelli tra voi che sono capaci di esercitare il potere ha mescolato dell'oro, perciò sono i più pregevoli; in quella delle guardie, argento; ferro e bronzo nei contadini e negli altri artigiani. In quanto dunque siete tutti congeneri, per lo più genererete una discendenza simile a voi, tuttavia può accadere che dall'oro nasca prole d'argento e dall'argento d'oro, e così via secondo tutte le possibilità. Perciò a coloro che detengono il potere il dio ordina in primo luogo e soprattutto che di nulla siano così buoni guardiani e di nulla abbiano una cura più attenta come dei loro figli, per vedere quale di questi metalli sia mescolato nella loro anima; e se uno di essi presenta tracce di bronzo o di ferro, non se ne impietosiscano in alcun modo, ma concedendo alla sua natura la dignità che le spetta, lo respingano fra gli artigiani o fra i contadini, e se d'altra parte nascono fra costoro alcuni che presentino tracce d'oro e d'argento, rendano loro l'onore dovuto ed elevino gli uni al rango di difensori, gli altri a quello di guardie»

(Platone, La Repubblica, III 415A - 415C[5])

Note

  1. ^ Precisamente in Platone, La Repubblica, III 414 B - 415 D
  2. ^ Platone, La Repubblica, Grandi tascabili economici Newton, a cura di Enrico V. Maltese, trad. di Giovanni Caccia
  3. ^ Vedi nota 2
  4. ^ «Cercherò di convincere in primo luogo i governanti stessi e i soldati, poi anche il resto della città, che solo in sogno essi pensavano che gli fosse capitato di ricevere da noi tutto quell'allevamento e quell'educazione; ma che in verità durante quel tempo essi si trovavano giù nelle viscere della terra, dove venivano plasmati e allevati, loro e le loro armi, ed era fabbricato ogni altro equipaggiamento. E quando furono perfettamente approntati, la terra come una madre li mandò fuori, ed ora quindi essi devono esser risoluti a proteggere il suolo in cui vivono come se fosse una madre e una nutrice [...] e darsi pensiero degli altri cittadini come fratelli anch'essi nati dalla terra» (Franco Ferrari (a cura di), I miti di Platone, BUR, 2006, trad. di M. Vegetti, pag. 111)
  5. ^ Franco Ferrari (a cura di), I miti di Platone, BUR, 2006, trad. di M. Vegetti (La Repubblica), pag. 112

Bibliografia

  • A. Ghibellini, La nobile menzogna in Platone, in Giornale di Metafisica, n. 26, 2004, pp. 301-332.
  • F. Calabi, La nobile menzogna, in M. Vegetti, Platone, Repubblica, vol. 2, Napoli, Bibliopolis, 1998. pp. 445-457
  • M. Broze, Mensonge et justice chez Platon, in Revue Internationale de Philosophie, n. 40, 1986, pp. 38-48.
  • R.W. Hall, On the myth of the metals in the «Republic», in Apeiron, n. 1, 1967, pp. 28-32.

Voci correlate

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