La ferrovia Soletta-Moutier (nota anche come Weissensteinbahn) è una linea ferroviaria a scartamento normale della Svizzera.
Indice
1Storia
2Caratteristiche
2.1Percorso
3Note
4Bibliografia
5Voci correlate
6Altri progetti
7Collegamenti esterni
Storia
Sin dal 1844 si ebbero proposte per un collegamento tra la valle della Birsa e il nodo ferroviario di Soletta tramite un traforo sotto il Weissenstein; la prima concessione per una linea tra Soletta e Moutier risale al 1889[1].
Nel 1899 si costituì a Soletta la società Solothurn-Münster-Bahn (SMB) per la costruzione e l'esercizio della ferrovia[2], alla quale venne trasferita la concessione.
I lavori, per motivi finanziari, iniziarono solo nel 1903, e la linea fu aperta al servizio il 1º agosto 1908 (con dieci mesi di ritardo rispetto a quanto programmato, sia per motivi finanziari che a causa di inconvenienti occorsi nella realizzazione della galleria del Weissenstein); l'esercizio fu affidato, con contratto stipulato nel 1907, alla Emmenthalbahn-Gesellschaft (EB), concessionaria della vicina ferrovia Soletta-Langnau (dopo che le Ferrovie Federali Svizzere avevano rifiutato di assumere l'esercizio della linea)[1]. Il 2 ottobre 1932 la linea venne elettrificata (con costi per metà a carico della Confederazione e per il resto a carico dei cantoni e dei comuni interessati[1]), contemporaneamente alla tratta Soletta-Burgdorf della EB.
L'assemblea dei soci della SMB del 16 giugno 1997 decise la fusione della società (con effetto dal 1º gennaio 1997) con la Emmental-Burgdorf-Thun-Bahn (EBT, nata nel 1942 dalla fusione della EB con la Burgdorf-Thun-Bahn[3]) e la Vereinigten Huttwil-Bahnen (VHB) nella Regionalverkehr Mittelland (RM)[4]. EBT, SMB e VHB collaboravano già da decenni per la gestione delle rispettive linee sociali.
Dal cambio d'orario del dicembre 2010 i convogli passeggeri sulla linea sono effettuati dalle Ferrovie Federali Svizzere.
Caratteristiche
La linea, a scartamento normale, è lunga 23,05 km. La linea è elettrificata a corrente alternata monofase con la tensione di 15000V alla frequenza di 16,7 Hz; la pendenza massima è del 28 per mille e il raggio di curva minimo è 260 metri. È a doppio binario tra Soletta e Soletta West[6].
L'imbocco della galleria del Weissenstein dalla stazione di Gänsbrunnen
Note
^abc(FR) Message du Conseil fédéral à l'Assemblée fédérale concernant l'octroi d'une nouvelle concession au chemin de fer Soleure-Moutier (Du 23 décembre 1968), in Foglio federale, Berna, 24 gennaio 1969, pp. 59-70. URL consultato il 24 giugno 2024.
^(DE) Bureau Stadt Solothurn, in Foglio ufficiale svizzero di commercio, Berna, 20 novembre 1899, p. 1449. URL consultato il 19 febbraio 2020.
^(DE) Bureau Burgdorf, in Foglio ufficiale svizzero di commercio, Berna, 16 febbraio 1943, p. 362. URL consultato il 21 febbraio 2020.
^(DE) Solothurn-Münster-Bahn, Solothurn, in Foglio ufficiale svizzero di commercio, Berna, 7 agosto 1997, p. 5648. URL consultato il 19 febbraio 2020.
^(DE) BLS AG, in Foglio ufficiale svizzero di commercio, Berna, 29 giugno 2006, p. 3. URL consultato il 19 febbraio 2020.
^abStreckendaten (PDF), su quadri-orario.ch. URL consultato il 19 febbraio 2020.
Bibliografia
(DE) Robert Moser, Neue schweizerische Eisenbahnprojekte, in Schweizerische Bauzeitung, vol. 33, n. 14, Zurigo, A. Waldner, 1899, pp. 116-120. URL consultato il 20 febbraio 2020.
(DE) Robert Moser, Neue schweizerische Eisenbahnprojekte. Nochmals die Weissensteinbahn, in Schweizerische Bauzeitung, vol. 37, n. 23, Zurigo, A. Waldner, 1901, pp. 247-249. URL consultato il 20 febbraio 2020.
(DE) Werner Luder, Vom Bau der Weissensteinbahn, in Schweizerische Bauzeitung, vol. 58, n. 1, Zurigo, A. Jegher, 1911, pp. 1-7. URL consultato il 19 febbraio 2020.
(DE) Werner Luder, Vom Bau der Weissensteinbahn (Schluss), in Schweizerische Bauzeitung, vol. 58, n. 2, Zurigo, A. Jegher, 1911, pp. 15-19. URL consultato il 19 febbraio 2020.
(DE) Werner Luder, Die Elektrifikation der Solothurn-Münster-Bahn, der Emmental-Bahn und der Burgdorf-Thun-Bahn, in Schweizerische Bauzeitung, vol. 100, n. 23, Zurigo, Verlag Carl Jegher, 1932, p. 299. URL consultato il 19 febbraio 2020.